La ricorrenza del 500° anniversario della morte del Perugino è un’occasione per riscoprire questo incredibile artista in modo innovativo e coinvolgente.
In questa prospettiva, dal 21 giugno al 2 ottobre a Palazzo Baldeschi, in Corso Vannucci a Perugia, sarà in mostra non una semplice esposizione, ma un vero e proprio dialogo tra due dei maggiori artisti di origine umbra: Pietro Vannucci e Alberto Burri.
Due grandi maestri accumunati dal suggestivo utilizzo del fondo nero per le loro opere,capaci di dar vita ad una mostra del tutto inedita. Una vera novità nel panorama espositivo, in cui il visitatore potrà fare esperienza del confronto tra arte rinascimentale e contemporanea.
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Saranno circa 20 le opere esposte, accuratamente selezionate dai due curatori della mostra, la storica dell’arte Vittoria Garibaldi e il Presidente della Fondazione Burri Bruno Corà.
Grazie alla collaborazione con la Fondazione Burri, che ha messo a disposizione le opere dell’artista tifernate, e agli importanti prestiti di prestigiosi musei, a partire dalla Galleria Nazionale dell’Umbria fino alla Galleria degli Uffizi e al Museo del Louvre, è stato possibile creare un percorso espositivo coinvolgente che fa emergere i tratti comuni di due artisti pari per grandezza e solo apparentemente distanti.
Per questa mostra Atlante Servizi Culturali si è occupata del trasporto delle opere di Alberto Burri e dell’allestimento.
Il furto, nel 1902, degli sportelli della Custodia di Sant’Eustachio privò l’arte abruzzese di un tassello importante per la ricostruzione della pittura centro italiana del XIV secolo oltre che del ciclo narrativo più grande dedicato alla figura del santo. Dopo il furto l’opera fu tagliata nelle scene che la componevano, immesse come “tavolette” sul mercato antiquariale.
Nel 2022, grazie all’ acquisto da parte del Ministero della cultura di quattro tavolette sul mercato antiquario, il Museo Nazionale d’Abruzzo ha oggi nelle sue collezioni otto delle sedici scene che raccontano la storia di Sant’Eustachio.
Dall’importante acquisizione è nata l’idea della mostra curata da Federica Zalabra e Cristiana Pasqualetti che, grazie anche al generoso prestito di una collezione privata, espone, assieme per la prima volta dalla dispersione, le tredici tavolette finora rintracciate e, grazie alla collaborazione con la Diocesi di Sulmona, la statua del santo un tempo conservata nella Custodia.
Un’occasione fondamentale per poter studiare l’ancora anonimo Maestro di Campo di Giove e apprezzare l’aspetto originale della Custodia grazie a una ricostruzione virtuale basata sui documenti esistenti.
Oltre alla ricostruzione virtuale della custodia, sono stati realizzati un video animato per raccontare ai bambini la storia di Eustachio, una App per indagare scientificamente le opere attraverso le indagini multispettrali e tre pannelli tattili per non vedenti la cui modellazione digitale, grazie alla collaborazione con l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, è stata realizzata da Simone Rasetti.
Per questa mostra Atlante Servizi Culturali si è occupata dell’allestimento e delle visite guidate.
In occasione dell’anniversario della nascita del Maestro Alberto Burri, la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri torna, il 12 marzo 2023, a celebrarne le opere, i contesti culturali e le relazioni da lui avute nel corso degli anni. Il rapporto tra Burri e il fotografo Aurelio Amendola è stato uno dei più assidui e consolidati, un sodalizio documentato da opere fotografiche di Amendola che Burri riteneva adeguate a esprimere il senso del suo lavoro e tra queste vi sono specifiche sequenze dedicate agli atti performativi dell’artista nel suo studio, nel compimento delle sue opere. Amendola ha dedicato gran parte della sua attività ad immortalare gli artisti in azione, dichiarando altresì di aver maturato da diverso tempo l’idea di una mostra sulle azioni e sui gesti che hanno portato alla nascita di opere come quelle dei tre grandi protagonisti della mostra AURELIO AMENDOLA: BURRI / VEDOVA / NITSCH. AZIONI E GESTI, ritratti in tempi e luoghi diversi. Il fotografo pistoiese non nasconde l’entusiasmo di vedere realizzato un suo sogno. Un’esposizione emblematica, dunque, dell’attività di Amendola che segue altri importanti appuntamenti inaugurati negli anni scorsi nella sede degli Ex Seccatoi del Tabacco a Città di Castello, tra i quali la mostra Obiettivi su Burri, dedicata all’opera di 36 fotografi che dal 1954 al 1993 ritrassero l’artista tifernate intento nella sua attività artistica, e la successiva giornata di studi sul tema “Fotografia: opera e/o documento?” durante la quale intervennero fotografi, critici, studiosi di fotografia e testimoni di momenti rilevanti della vita di Burri, tra cui lo stesso Amendola. In questa ottica, agli Ex Seccatoi del Tabacco, nell’area delle esposizioni temporanee, saranno presentate quarantaquattro stampe fotografiche di grandi dimensione e opere uniche degli artisti in mostra, Burri, Vedova e Nitsch; inoltre, nel settore della documentazione saranno proiettati filmati loro dedicati. Per l’occasione è pubblicato un catalogo che, oltre ad accogliere le opere fotografiche di Amendola, contiene un testo critico del curatore Bruno Corà, antologie di scritti critici ed apparati biobibliografici riguardanti Amendola, Burri, Vedova e Nitsch. La mostra AURELIO AMENDOLA: BURRI / VEDOVA / NITSCH. AZIONI E GESTI, prodotta dalla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri in collaborazione con la Fondazione Vedova di Venezia e la Fondazione Morra di Napoli, si avvale della cura dell’immagine e dell’allestimento dell’architetto Tiziano Sarteanesi, con la cooperazione di tutto lo staff della Fondazione Burri.
Per questa mostra Atlante Servizi Culturali si è occupata dell’allestimento e delle visite guidate.
Dal 4 marzo all’11 giugno 2023, in occasione del V centenario della sua morte, la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia celebra con una grande mostra, curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli, Pietro Vannucci (1450 ca.-1523), il più importante pittore attivo negli ultimi due decenni del Quattrocento.
Volendo fare di sua mano Lui è il meglio maestro d’Italia. Con queste parole, in una lettera inviata da Roma a Siena il 7 novembre 1500, il banchiere Agostino Chigi presenta Pietro Perugino al padre Mariano, cogliendo con sorprendente capacità di sintesi due aspetti fondamentali della sua produzione: la straordinaria qualità e la presenza, che sarebbe diventata preminente, dell’intervento di collaboratori.
Che Pietro di Cristoforo Vannucci da Castel della Pieve fosse considerato il più grande pittore attivo negli ultimi due decenni del Quattrocento è comprovato da molte altre fonti dell’epoca: tuttavia questo primato inizia gradualmente a dissolversi. Se si presta fede al Vasari, il giro di boa è segnato dalla presentazione al pubblico fiorentino, nel 1507, della pala destinata all’altare maggiore della basilica della Santissima Annunziata. Un clamoroso insuccesso, di fronte al quale un perplesso Perugino, quasi sessantenne, si difende dichiarando la sua impotenza di fronte a mutamenti del gusto ormai al di fuori della sua portata: Io ho messo in opera le figure altre volte lodate da voi e che vi sono infinitamente piaciute. Se ora vi dispiacciono e non le lodate, che ne posso io?, avrebbe commentato.
Molto probabilmente le numerose opere prodotte in questa estrema propaggine della sua attività, anche grazie all’aiuto di una bottega industriosissima, hanno inciso in modo considerevole nella valutazione della statura del Vannucci, non solo da parte dei contemporanei, ma anche e soprattutto dei posteri.
Lo scopo principale di questa mostra è quello di recuperare la giusta prospettiva, per restituire a Perugino il ruolo che gli avevano assegnato il suo pubblico e la sua epoca.
Da qui, la scelta di individuare per il progetto espositivo solo dipinti del Vannucci antecedenti al 1505, anno nel quale sono già portate a compimento tre commissioni che segnano l’apice della sua carriera: la Crocifissione della Cappella Chigi in Sant’Agostino a Siena, la citata Lotta fra Amore e Castità già a Mantova e soprattutto lo Sposalizio della Vergine per la cappella del Santo Anello del Duomo di Perugia, oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen.
Un’ulteriore riflessione suscitata dall’immagine dell’artista che la critica ci ha consegnato sottende il secondo registro di lettura della mostra. La tendenza, cioè, a parlare spesso del pittore in abbinamento ad altri grandi maestri del suo tempo: l’allievo di Verrocchio, il maestro di Raffaello, il compagno di studi di Leonardo. Questo spunto ha fornito l’occasione per riflettere in maniera più compiuta sul ruolo che Pietro ha effettivamente svolto nel panorama artistico contemporaneo.
Nell’indagare entrambi i filoni di ricerca, si è imposta subito come necessità quella di procedere sulla base di una geografia, che segue di tappa in tappa gli spostamenti del pittore o delle sue opere attraverso l’Italia. È sorprendente, infatti, come Perugino abbia lasciato tracce profonde del suo magistero in tutte le località della penisola toccate dalla sua attività, da nord a sud, a iniziare ovviamente dall’Umbria e dalla Toscana, teatri per eccellenza del suo lavoro, nonché sedi delle sue botteghe di Perugia e Firenze.
L’obiettivo finale è quello di recuperare lo sguardo dei contemporanei, e di tornare a vedere in Pietro Perugino un protagonista assoluto del Rinascimento, quale fu per almeno due decenni.
L’esposizione, dal titolo “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo”, restituirà all’artista il ruolo che il pubblico e la sua epoca gli avevano assegnato, presentando i suoi maggiori capolavori, tutti antecedenti al 1504, nel momento in cui si trovava all’apice della sua straordinaria carriera.
La mostra darà conto, nella maniera più completa possibile, dei passaggi fondamentali del suo percorso: dalle prime collaborazioni nella bottega di Andrea del Verrocchio alle capitali imprese fiorentine che fecero la sua fortuna (come ad esempio le tre tavole già in San Giusto alle Mura, oggi nelle Gallerie degli Uffizi, o la Pala di San Domenico a Fiesole); dagli straordinari ritratti alle monumentali pale d’altare, quali il Trittico Galitzin, ora alla National Gallery di Washington, e il Polittico della Certosa di Pavia, per gran parte alla National Gallery di Londra ed eccezionalmente ricomposto per l’occasione.
Per questo importante evento espositivo Atlante Servizi Culturali si è occupata delle visite guidate.
Il progetto BeamUp volge al termine e si sposta in Croazia. Qui al MSU (Muzej Suvremene Umjetnosti) fra il 3 e il 4 marzo si è svolto il terzo symposium e Teg Meeting. Oltre a questi importanti incontri abbiamo visitato la mostra parte del progetto europeo BeamUp (Blinde engagement in accessible museum projects) del museo.
Anche quest’anno i nostri operatori saranno presenti in Galleria Nazionale a Perugia per condurre visite guidate e laboratori didattici sia all’esposizione permanente, sia alla mostre temporanee.
Siamo stati coinvolti in numerosi progetti come il FaMu (Famiglie al museo) e nell’ideazione di numerosi laboratori per bambini di ogni età soprattutto la prima domenica di ogni mese.
Se siete interessati a partecipare seguite i nostri canali social per restare aggiornati sulle nostre attività.
Nei Giorni 21 e 22 ottobre 2022 si è svolto a Cork presso la Glucksman Gallery il 4th TEG meeting e il Symposium di Beam Up, oltre a noi e alla Glucksman Gallery che gentilmente ci ha ospitato era presente anche l’Istituto dei ciechi di Milano, il Creative Europe Desk Ireland e l’MSU di Zagabria, nostri partner nel progetto finanziato dal programma Creative Europe.
Per noi è stato molto importanti confrontare i nostri risultati e le difficoltà incontrate nel portare avanti i nostri progetti nei rispettivi paesi.
Di seguito il video dell’evento e il link al sito della Glucksman Gallery
Dal 30 settembre 2022 all’8 gennaio 2023, la Galleria Nazionale dell’Umbria ospita la mostra PIRANESI nelle collezioni della Galleria Nazionale dell’Umbria.
L’esposizione presenta 61 incisioni tratte dalla serie delle Vedute di Roma appartenenti al museo perugino.
Completa la rassegna il film d’animazione 3D Piranesi, Carceri d’Invenzione 300 anni realizzato da Grégoire Dupond con la musica di Teho Teardo.
a cura di Carla Scagliosi
L’esposizione, curata da Carla Scagliosi, responsabile delle collezioni moderne e contemporanee della Galleria, celebra il genio visionario del grande architetto, incisore e teorico veneziano, attraverso una selezione di 61 incisioni all’acquaforte dedicate alle bellezze antiche e moderne di Roma e dei suoi dintorni tratte dai due volumi delle Vedute di Roma, scelte tra le più rappresentative del suo percorso di ricerca e della sua evoluzione stilistica, formale e tecnica.
Nessuna altra opera come le Vedute di Roma, infatti, accompagna Piranesi durante tutta la sua vita e copre simbolicamente ogni aspetto della sua produzione, rimarcando le sue straordinarie capacità inventive, tecniche, prospettiche, nonché il vastissimo immaginario che sottende alle sue “ossessioni” archeologiche e antiquarie, ma anche visionarie e fantastiche.
Si riescono così ad apprezzare le caratteristiche pittoriche delle vedute, con l’ampia tavolozza di neri e grigi che dimostra la perfetta padronanza della tecnica dell’acquaforte, nonché a cogliere il sempre più evidente interesse di Piranesi per l’antico e per la ricerca antiquaria, divenuto oggetto via via sempre più preponderante delle tavole, tanto da spingere l’artista fino a Villa Adriana, alla quale avrebbe voluto dedicare un’intera opera rimasta soltanto un desiderio.
Le Vedute forgeranno e tramanderanno per secoli l’aspetto di una Roma filtrata attraverso il genio dell’autore e ne diffonderanno la fama in tutta Europa. La città, còlta nel suo malinconico declino e nell’abbacinante convivenza di presente e passato, con i ciclopici monumenti antichi e le grandiose, magniloquenti, architetture moderne, popolata da piccolissime, frenetiche e anonime presenze, condensa tutte le caratteristiche che contraddistinguono le grandi capitali moderne, attraverso la visione anticipatrice di un artista che rivendica il ruolo fondamentale della “licenza” e dell’immaginazione per la creazione di un’arte che rispecchi la propria epoca.
Programmata per il 2020 e poi rimandata a causa dell’emergenza pandemica, la mostra dedicata a Giovanni Battista Piranesi in occasione del terzo centenario della sua nascita (1720-2020) segna un’importante tappa del Progetto Piranesi avviato negli ultimi anni dalla Galleria Nazionale dell’Umbria.
Nel biennio 2018-2020, il museo perugino ha promosso un’importante campagna di restauro delle opere su carta delle sue collezioni, tra le quali le circa 140 incisioni raccolte nei due volumidelle celebri Vedute di Roma disegnate ed incise da Giambattista Piranesi architetto veneziano, per le finalità della conoscenza, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio museale e delle opere custodite nei depositi.
Il delicato restauro ha restituito la perfetta leggibilità delle incisioni e dato avvio alla loro digitalizzazione e immissione nel vasto archivio digitale della Galleria Nazionale dell’Umbria, nonché al progetto di studio e di ricerca sulle opere di Piranesi conservate in Galleria, che comprendono anche il volume Antichità d’Albano e di Castel Gandolfo descritte ed incise da Giovambatista Piranesi, le cui tavole saranno oggetto di una prossima campagna d’interventi conservativi.
Per questa mostra Atlante servizi culturali si è occupata del ripristino degli ambienti, dell’allestimento e delle attività didattiche.
In occasione del bicentenario di Antonio Canova, Perugia rende omaggio al maestro con un’esposizione-itinerario che si snoda tra Palazzo Baldeschi e il MUSA, Museo dell’Accademia di Belle Arti. L’Umbria celebra Canova dal 6 luglio 2022, a Perugia, pressp il MUSA, museo dell’Accademia di Belle Arti e Palazzo Baldeschi al Corso con un’ampia rassegna dedicata al grande scultore nel bicentenario della morte: “Al tempo di Canova. Un itinerario umbro”.
Due sedi espositive nel centro storico cittadino per un progetto di ampio respiro promosso dall’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” e dalla Fondazione Perugia, già impegnate in passato in iniziative condivise, e curato da Stefania Petrillo, docente dell’Università di Perugia. Per l’Accademia di Belle Arti la parte organizzativa è stata coordinata da Giovanni Manuali, per la Fondazione Perugia da Maria Cristina De Angelis.
Incentrata sul nucleo dei gessi canoviani conservati al MUSA, museo dell’Accademia di Perugia – tra i quali Le tre Grazie, donate dallo stesso scultore nel 1822 – l’esposizione valorizza il contesto artistico e culturale entro cui queste opere si inserirono, raccontando un’Umbria inscritta in più ampie dinamiche e in una vivace rete di relazioni.
«Formano catena e collezione», spiegava Canova a Napoleone nel 1810 per dissuaderlo dal sottrarre altri capolavori all’Italia, sottolineando l’importanza del legame che si stabilisce tra le opere e i luoghi “originari”. Questa l’idea-guida della esposizione perugina che punta a evidenziare ciò che orbita tra Sette e Ottocento intorno ai “Canova umbri”: un tessuto connettivo vitalizzato da un incessante scambio con l’“Università delle arti” che è Roma e da una circolazione delle idee e del gusto che inserisce la regione in una più vasta comunità delle arti, delle lettere, del pensiero.
Tante le novità presenti in questa rassegna concepita come un viaggio nel tempo, con oltre cento opere che racconteranno “le arti sorelle” fiorite in un’epoca che pur tra i grandi sconvolgimenti della Storia, o forse proprio per questo, coltivò il Bello: scultura, architettura, pittura, anche nell’Umbria pontificia e napoleonica furono partecipi di quella «felice rivoluzione delle arti» che ebbe in Canova il protagonista assoluto.
Tra gli artisti presentati in mostra, insieme a Canova, Giuseppe Valadier, Vincenzo Pacetti, Carlo Labruzzi, Pietro Labruzzi, Cristoforo Unterperger, Abraham-Louis-Rodolphe Ducros, Stefano Tofanelli, Tommaso Maria Conca, Pietro Benvenuti, Vincenzo Camuccini, Jean-Baptiste Wicar, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.
Gloria e mito di un’epoca che al culto dell’Antico unì la passione per le sue sublimi invenzioni, Canova, il “classico moderno”, fu acclamato da pontefici, sovrani, accademie e collezionisti di tutta Europa. Nel portentoso raggio della sua attività e della sua influenza, lo scultore, che in Umbria fu proprietario di un palazzo a San Gemini con vasti possedimenti, stabilì non effimere relazioni anche con molti esponenti del ceto dirigente locale, intellettuali, alti prelati, collezionisti, in una comune visione dell’arte come fattore di educazione ai valori estetici e civili più alti.
L’itinerario dell’esposizione – reale e ideale – avrà così piccole e grandi “stazioni di posta” intorno ad opere e protagonisti di una stagione culminata nel legame particolarmente influente che Canova ebbe tra il 1812 e il 1822 con l’Accademia di Belle Arti di Perugia, di cui orientò le scelte, appoggiando la nomina di direttori quali Carlo Labruzzi, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.
Sette sono le sezioni tematiche: L’Umbria pontificia, La stagione napoleonica, Il paesaggio, Canova e l’Accademia di Belle Arti di Perugia, «Un’altra linea di bello»: verso il Purismo, Le incisioni, L’eredità di Canova.
La vera sorpresa della mostra arriva però da una delle opere lasciate in eredità all’Accademia dal fratellastro di Canova, Giovanni Battista Sartori, la colossale testa del cavallo, modello del monumento equestre a Ferdinando I di Borbone, una delle ultime opere del grande scultore, “riscoperta” in questa occasione: verrà esposta a palazzo Baldeschi in un inedito confronto con la testa del cavallo del Marco Aurelio, il calco fatto eseguire e preso a modello da Canova (oggi a Ravenna).
Per questa mostra Atlante servizi culturali si è occupata dei trasporti e dell’allestimento.
A Palazzo Alemanni una mostra ideata per riscoprire le radici del territorio e dare forza al percorso di candidatura Unesco
‘La Maiolica di Bagnoregio. Forme e colori della devozione’ è la mostra scelta da Comune di Bagnoregio e Casa Civita per inaugurare lo spazio espositivo di Palazzo Alemanni.
Più di settanta opere in esposizione nelle tre sale, riunite per la prima volta insieme con l’obiettivo di rappresentare un capitolo importante della storia del territorio. Il lavoro di studio e ricerca, così come la cura della mostra, sono state affidate all’archeologo Luca Pesante. La mostra – la cui inaugurazione è in programma per sabato 9 luglio alle ore 18, con la visita guidata dal curatore con punto di partenza dalla cattedrale di San Donato a Civita – è in programma fino al 31 dicembre.
Nel corso dei secoli XVI e XVII Bagnoregio è uno dei centri di lavoro della ceramica più attivi dell’Italia centro-settentrionale. Una grande varietà di documenti d’archivio e molte ceramiche superstiti nei principali musei del mondo e in collezioni private – frequentemente attribuite ad altri centri produttivi, quali Deruta – compongono un quadro definitivo e coerente sui protagonisti, gli spazi di lavoro, i tipi di oggetti realizzati e la loro diffusione. Tuttavia mai finora tale tema è stato affrontato in modo unitario e complessivo, e mai una monografia o una mostra sono state a esso dedicate.
“La mostra curata da Luca Pesante – dichiara l’amministratore unico di Casa Civita Francesco Bigiotti – è un’azione che tutti noi abbiamo abbracciato dalla sua prima formulazione e alla quale abbiamo lavorato con passione, in sinergia con il curatore, per vederla venire alla luce. Dieci anni fa in pochi sarebbero stati pronti a credere nel successo turistico che siamo riusciti a determinare con costanza, visione e impegno. Arrivare a produrre una mostra come questa significa fare un ulteriore e importante passo in avanti nel costante lavoro di promozione in cui ci troviamo immersi ogni giorno”.
In esposizione targhe devozionali del Seicento, con la rappresentazione della Madonna con il Bambino a rilievo e sculture/modellati a tutto tondo come il San Martino proveniente dalla chiesa di Santa Cristina a Bolsena e realizzata appunto dai maestri di Bagnoregio. Il visitatore avrà modo di vedere una serie di maioliche ex voto della cattedrale di San Donato, della Madonna delle Grazie di Civitella d’Agliano e della parrocchia di Tessennano. Verrà dedicata una parte alla storia del vasaio Gabriello Gabrielli e alle ceramiche del santuario domenicano della Madonna della Quercia, con la riproduzione dell’affresco che ritrae il vasaio nel chiostro del santuario.
Le ceramiche devozionali hanno la funzione di simboli religiosi impiegati prevalentemente in ambito domestico – ma a volte anche in luoghi comuni urbani o rurali – ed esprimono, non sempre simultaneamente, culti locali, devozioni private e superstizioni in relazione con la complessità dello spirito religioso di un dato gruppo sociale. Può accadere anche che alcuni oggetti, inclusi gli ex voto, vengano utilizzati come figure devozionali, inseriti nei paramenti murari esterni delle case o più comunemente appesi all’interno di ambienti domestici, o come simboli dal valore apotropaico soprattutto se applicati sopra la porta di accesso alla casa o perfino tra le tegole di copertura dei tetti.
La mostra ‘La Maiolica di Bagnoregio. Forme e colori della devozione’; vuole essere un’azione
importante di comunicazione della candidatura a Patrimonio dell’Umanità de Il Paesaggio Culturale di Civita di Bagnoregio, puntando a mettere in evidenza un aspetto della storia del territorio che si intende andare a riscoprire e fissare nell’immaginario collettivo di cittadini e visitatori.
Per questa mostra Atlante servizi culturali si è occupata di alcuni trasporti.
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