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Al tempo di Canova. Un itinerario umbro

In occasione del bicentenario di Antonio Canova, Perugia rende omaggio al maestro con un’esposizione-itinerario che si snoda tra Palazzo Baldeschi e il MUSA, Museo dell’Accademia di Belle Arti.
L’Umbria celebra Canova dal 6 luglio 2022, a Perugia, pressp il MUSA, museo dell’Accademia di Belle Arti e Palazzo Baldeschi al Corso con un’ampia rassegna dedicata al grande scultore nel bicentenario della morte: “Al tempo di Canova. Un itinerario umbro”.

Due sedi espositive nel centro storico cittadino per un progetto di ampio respiro promosso dall’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” e dalla Fondazione Perugia, già impegnate in passato in iniziative condivise, e curato da Stefania Petrillo, docente dell’Università di Perugia. Per l’Accademia di Belle Arti la parte organizzativa è stata coordinata da Giovanni Manuali, per la Fondazione Perugia da Maria Cristina De Angelis.

Incentrata sul nucleo dei gessi canoviani conservati al MUSA, museo dell’Accademia di Perugia – tra i quali Le tre Grazie, donate dallo stesso scultore nel 1822 – l’esposizione valorizza il contesto artistico e culturale entro cui queste opere si inserirono, raccontando un’Umbria inscritta in più ampie dinamiche e in una vivace rete di relazioni.

«Formano catena e collezione», spiegava Canova a Napoleone nel 1810 per dissuaderlo dal sottrarre altri capolavori all’Italia, sottolineando l’importanza del legame che si stabilisce tra le opere e i luoghi “originari”. Questa l’idea-guida della esposizione perugina che punta a evidenziare ciò che orbita tra Sette e Ottocento intorno ai “Canova umbri”: un tessuto connettivo vitalizzato da un incessante scambio con l’“Università delle arti” che è Roma e da una circolazione delle idee e del gusto che inserisce la regione in una più vasta comunità delle arti, delle lettere, del pensiero.

Tante le novità presenti in questa rassegna concepita come un viaggio nel tempo, con oltre cento opere che racconteranno “le arti sorelle” fiorite in un’epoca che pur tra i grandi sconvolgimenti della Storia, o forse proprio per questo, coltivò il Bello: scultura, architettura, pittura, anche nell’Umbria pontificia e napoleonica furono partecipi di quella «felice rivoluzione delle arti» che ebbe in Canova il protagonista assoluto.

Tra gli artisti presentati in mostra, insieme a Canova, Giuseppe Valadier, Vincenzo Pacetti, Carlo Labruzzi, Pietro Labruzzi, Cristoforo Unterperger, Abraham-Louis-Rodolphe Ducros, Stefano Tofanelli, Tommaso Maria Conca, Pietro Benvenuti, Vincenzo Camuccini, Jean-Baptiste Wicar, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.

Gloria e mito di un’epoca che al culto dell’Antico unì la passione per le sue sublimi invenzioni, Canova, il “classico moderno”, fu acclamato da pontefici, sovrani, accademie e collezionisti di tutta Europa. Nel portentoso raggio della sua attività e della sua influenza, lo scultore, che in Umbria fu proprietario di un palazzo a San Gemini con vasti possedimenti, stabilì non effimere relazioni anche con molti esponenti del ceto dirigente locale, intellettuali, alti prelati, collezionisti, in una comune visione dell’arte come fattore di educazione ai valori estetici e civili più alti.

L’itinerario dell’esposizione – reale e ideale – avrà così piccole e grandi “stazioni di posta” intorno ad opere e protagonisti di una stagione culminata nel legame particolarmente influente che Canova ebbe tra il 1812 e il 1822 con l’Accademia di Belle Arti di Perugia, di cui orientò le scelte, appoggiando la nomina di direttori quali Carlo Labruzzi, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.

Sette sono le sezioni tematiche: L’Umbria pontificia, La stagione napoleonica, Il paesaggio, Canova e l’Accademia di Belle Arti di Perugia, «Un’altra linea di bello»: verso il Purismo, Le incisioni, L’eredità di Canova.

La vera sorpresa della mostra arriva però da una delle opere lasciate in eredità all’Accademia dal fratellastro di Canova, Giovanni Battista Sartori, la colossale testa del cavallo, modello del monumento equestre a Ferdinando I di Borbone, una delle ultime opere del grande scultore, “riscoperta” in questa occasione: verrà esposta a palazzo Baldeschi in un inedito confronto con la testa del cavallo del Marco Aurelio, il calco fatto eseguire e preso a modello da Canova (oggi a Ravenna).

Per questa mostra Atlante servizi culturali si è occupata dei trasporti e dell’allestimento.

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La Maiolica di Bagnoregio. Forme e colori della devozione

A Palazzo Alemanni una mostra ideata per riscoprire le radici del territorio e dare forza al percorso di candidatura Unesco

‘La Maiolica di Bagnoregio. Forme e colori della devozione’ è la mostra scelta da Comune di Bagnoregio e Casa Civita per inaugurare lo spazio espositivo di Palazzo Alemanni.

Più di settanta opere in esposizione nelle tre sale, riunite per la prima volta insieme con l’obiettivo di rappresentare un capitolo importante della storia del territorio. Il lavoro di studio e ricerca, così come la cura della mostra, sono state affidate all’archeologo Luca Pesante. La mostra – la cui inaugurazione è in programma per sabato 9 luglio alle ore 18, con la visita guidata dal curatore con punto di partenza dalla cattedrale di San Donato a Civita – è in programma fino al 31 dicembre.

Nel corso dei secoli XVI e XVII Bagnoregio è uno dei centri di lavoro della ceramica più attivi dell’Italia centro-settentrionale. Una grande varietà di documenti d’archivio e molte ceramiche superstiti nei principali musei del mondo e in collezioni private – frequentemente attribuite ad altri centri produttivi, quali Deruta – compongono un quadro definitivo e coerente sui protagonisti, gli spazi di lavoro, i tipi di oggetti realizzati e la loro diffusione. Tuttavia mai finora tale tema è stato affrontato in modo unitario e complessivo, e mai una monografia o una mostra sono state a esso dedicate.

“La mostra curata da Luca Pesante – dichiara l’amministratore unico di Casa Civita Francesco Bigiotti – è un’azione che tutti noi abbiamo abbracciato dalla sua prima formulazione e alla quale abbiamo lavorato con passione, in sinergia con il curatore, per vederla venire alla luce. Dieci anni fa in pochi sarebbero stati pronti a credere nel successo turistico che siamo riusciti a determinare con costanza, visione e impegno. Arrivare a produrre una mostra come questa significa fare un ulteriore e importante passo in avanti nel costante lavoro di promozione in cui ci troviamo immersi ogni giorno”.

In esposizione targhe devozionali del Seicento, con la rappresentazione della Madonna con il Bambino a rilievo e sculture/modellati a tutto tondo come il San Martino proveniente dalla chiesa di Santa Cristina a Bolsena e realizzata appunto dai maestri di Bagnoregio. Il visitatore avrà modo di vedere una serie di maioliche ex voto della cattedrale di San Donato, della Madonna delle Grazie di Civitella d’Agliano e della parrocchia di Tessennano. Verrà dedicata una parte alla storia del vasaio Gabriello Gabrielli e alle ceramiche del santuario domenicano della Madonna della Quercia, con la riproduzione dell’affresco che ritrae il vasaio nel chiostro del santuario.

Le ceramiche devozionali hanno la funzione di simboli religiosi impiegati prevalentemente in ambito domestico – ma a volte anche in luoghi comuni urbani o rurali – ed esprimono, non sempre simultaneamente, culti locali, devozioni private e superstizioni in relazione con la complessità dello spirito religioso di un dato gruppo sociale. Può accadere anche che alcuni oggetti, inclusi gli ex voto, vengano utilizzati come figure devozionali, inseriti nei paramenti murari esterni delle case o più comunemente appesi all’interno di ambienti domestici, o come simboli dal valore apotropaico soprattutto se applicati sopra la porta di accesso alla casa o perfino tra le tegole di copertura dei tetti.

La mostra ‘La Maiolica di Bagnoregio. Forme e colori della devozione’; vuole essere un’azione

importante di comunicazione della candidatura a Patrimonio dell’Umanità de Il Paesaggio Culturale di Civita di Bagnoregio, puntando a mettere in evidenza un aspetto della storia del territorio che si intende andare a riscoprire e fissare nell’immaginario collettivo di cittadini e visitatori.

Per questa mostra Atlante servizi culturali si è occupata di alcuni trasporti.

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Guida museo Burri con comunicazione aumentativa alternativa

Siamo lieti di aver partecipato alla realizzazione della prima guida per un museo in Italia scritta con la comunicazione aumentativa alternativa da dieci giovani con disabilità cognitiva e verbale.

Venti pagine di foto e simboli che raccontano a tutti i visitatori dell’esposizione degli Ex Seccatoi del Tabacco, ma soprattutto a chi ha difficoltà comunicative e relazionali come gli autori dell’opuscolo, la produzione del maestro Burri.

La guida “Museo Burri ex Seccatoi del Tabacco” è il risultato di circa otto mesi di lavoro curato interamente da giovani con disabilità tra i 17 e i 25 anni, che insieme a tre educatori si sono chiamati “Le sfumature di Burri” e hanno svolto a diretto contatto con le opere del maestro tifernate le attività di documentazione e redazione dei testi, sotto la supervisione tecnica di una logopedista esperta in comunicazione aumentativa alternativa.
L’iniziativa fa parte del progetto “Ti illustro la città con la Comunicazione Aumentativa Alternativa”, una delle due azioni rivolte al sociale finanziate dal programma Agenda Urbana nell’ambito dell’intervento denominato “La Città su misura”, che ha coinvolto il Comune di Città di Castello, l’Usl Umbria 1, la Cooperativa sociale “La Rondine” come soggetto attuatore e la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri con noi di Atlante servizi culturali.
L’obiettivo del progetto è stato quello di superare le barriere comunicative e relazionali che possono limitare lo sviluppo dell’autonomia e dell’inclusione sociale di adolescenti e giovani adulti con disabilità cognitive e verbali, permettendo loro di vivere la quotidianità attraverso l’utilizzo delle tecniche della comunicazione aumentativa alternativa. Per i giovani protagonisti del progetto si è trattato della seconda guida realizzata insieme, dopo la prima dedicata al parco naturalistico dei Laghi Spada a Città di Castello.

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“Tu lo conosci Burri?” Progetto EduCare

Progetto finanziato dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, svoltosi nei mesi scorsi in Fondazione Burri presso gli ex Seccatoi del Tabacco, con la presentazione dell’elaborato conclusivo è arrivato a termine. In questo progetto sono stati coivolti 18 studenti dai 16 ai 19 anni del Liceo Statale “Plinio il Giovane” e del Liceo Europeo “San Francesco di Sales”.

Il progetto, promosso da Fondazione Palazzo Albizzini – Collezione Burri stessa, si è svolto nell’arco di 6 mesi, da novembre 2021 a maggio 2022.

Gli studenti, guidati dal personale di Atlante Servizi Culturali, hanno conosciuto Alberto Burri e la sua arte, i personaggi legati alla figura del Maestro e dei suoi musei, visitato i luoghi al di fuori di Città di Castello che conservano sue importanti opere (Milano, Ravenna, Pistoia e Bologna), intervistato amici, collaboratori e studiosi.

I ragazzi hanno realizzato dei documentari, con la supervisione e la consulenza di Arti Binarie che ha messo a disposizione la propria professionalità e strumentazione.

In occasione della presentazione gli studenti hanno illustrato i vari passaggi che hanno portato alla realizzazione del documentario.

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Accessibility Days 2022

Quest’anno abbiamo partecipato con il nostro progetto Beam Up agli Accessibility Days di Milano, evento sull’Accessibilità e sulle Disabilità rivolto a sviluppatori, designer, maker, creatori ed editori di contenuti o più in generale a tutte le persone che si occupano di tecnologie digitali, compresa anche la Didattica a Distanza, argomento della massima importanza in questo periodo.
Si è tenuto in occasione del Global Accessibility Awareness Day (GAAD), manifestazione promossa ogni anno a livello mondiale, nel mese di maggio, per sensibilizzare chi si occupa di tecnologie digitali sul tema dell’accessibilità e dell’inclusività, attraverso il confronto e l’interazione di persone con disabilità, presso l’Istituto dei Ciechi di Milano.

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“La luce del nero”

“La Luce del Nero” è il titolo della grande mostra che si è svolta a Città di Castello agli Ex Seccatoi del Tabacco, grazie al progetto finanziato dalla comunità europea Beam Up. Oltre alle opere di Burri sono state scelte anche quelle di artisti come Agnetti, Bassiri, Bendini, Castellani, Fontana, Hartung, Kounellis, Lo Savio, Morris, Nevelson, Nunzio, Parmiggiani, Schifano, Soulages e Tàpies.
La grande innovazione di questa grandiosa rassegna però è la parte accessibile a persone affette da disabilità visiva, il percorso sviluppato da noi grazie al finanziamento di “Europa Creativa 2020” tramite il progetto “Beam Up” (Blind Engagement In Accessible Museum Projects 2020-2023), uno dei 93 progetti cofinanziati tra i 380 presentati nei 34 Paesi europei aderenti.

Al progetto, oltre ad Atlante servizi culturali hanno partecipato come partner Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano, The Glucksman Gallery di Cork (Irlanda) e MSU Muzej Suvremene Umjetnosti di Zagabria.

La mostra ha proposto un’esperienza percettiva del Nero al vasto pubblico sia dei vedenti che dei non-vedenti, fornendo in taluni casi modelli delle opere esposte pressoché mimetici o quantomeno aderenti al modus operandi degli artisti.

Per questa mostra ci siamo occupati dell’ideazione di ogni apparato e della realizzazione degli stessi, oltre che all’allestimento e alla mediazione culturale.

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“Sempre la cappa a rovescio” Convegno internazionale di studi su Cristofano Gherardi

Convegno volto a restituire a Cristofano Gherardi, artista che operò tra la fine degli anni trenta e i primi anni cinquanta del Cinquecento, il posto che merita nella storia dei linguaggi figurativi con un convegno internazionale di studi che coinvolgerà la natìa Sansepolcro, Città di Castello, il Castello Bufalini di San Giustino giovedì 5 maggio, venerdì 6, sabato 7.

Nelle tre giornate di studio si avvicenderanno e confronteranno i maggiori esperti dell’artista nonché giovani studiosi che tratteranno temi che vanno dall’eredità di Raffaello all’articolazione della bottega del Vasari, dal contesto storico-artistico altotiberino della prima metà del Cinquecento all’esegesi delle fonti.

Allo stato attuale delle ricerche sembra che il punto cardinale per la ricostruzione della specifica fisionomia stilistica del pittore sia rappresentato dai cicli che ornano ben sette ambienti del Castello Bufalini di San Giustino. Si tratta di affreschi che saranno restaurati entro la fine di quest’anno e restituiti alla pubblica fruizione.

All’ importante iniziativa, promossa dalla Direzione regionale musei dell’Umbria (direttore Marco Pierini, direttore scientifico Veruska Picchiarelli), hanno aderito i Comuni di Città di Castello, San Giustino e Sansepolcro, co-organizzatori del Convegno nonché la Regione Umbria e la Regione Toscana, che hanno concesso all’iniziativa il loro patrocinio, con il supporto di Atenei universitari (Camerino, Chicago, Firenze, Genova, Ginevra, Perugia, Pisa, Roma Tre, Siena-UniStra, Venezia-Ca’ Foscari, Temple University Rome), Soprintendenze, musei (Galleria Nazionale dell’Umbria, Musei Vaticani, Museo Civico di Sansepolcro, Museo del Duomo di Città di Castello, Pinacoteca Civica di Palazzo Vitelli alla Cannoniera di Città di Castello), Diocesi (Città di Castello, Sansepolcro).

Il convegno inizierà il 5 maggio 2022, alle 14,30, al Museo civico di Sansepolcro per spostarsi il 6 maggio 2022, alle 9.30, a Città di Castello, Palazzo Vitelli, Sant’Egidio, Sala dei fasti, e concludersi il 7 maggio 2022, sempre alle 9.30, al Castello Bufalini di San Giustino.

Per questo evento ci siamo occupati della gestione della segreteria e di alcune parti della logistica.

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“L’età dell’oro” Federico Gori

E’ stata inaugurata venerdì 8 aprile alle ore 10.30, all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Taranto – MArTA, la mostra “L’età dell’oro (la muta)” dell’artista Federico Gori, a cura dì Eva Degl’Innocenti e Lorenzo Madaro.
“L’età dell’oro (la muta)” è il risultato del progetto del MArTA vincitore del bando PAC (Piano per l’Arte Contemporanea) del Ministero della Cultura.
Archeologia e arte contemporanea che nel Museo tarantino colloquiano sempre con nuovi stimoli e linguaggi ispirati alla storia.
La collezione di archeologia della Magna Grecia, in particolare gli Ori di Taranto, è la radice e la fonte di ispirazione del progetto artistico di Federico Gori che darà inizio ad un altro nuovo dialogo tra il patrimonio archeologico del Museo e la contemporaneità.
“L’Età dell’Oro (la muta)” è anche l’opera site-specific che dà il titolo alla mostra personale dell’artista Federico Gori nel museo tarantino. È un pensiero, una speranza, un rituale. All’interno di una vetrina, su più livelli di vetro trasparente, saranno racchiuse 28 esuvie di diversi serpenti: l’opera « L’età dell’oro ».
Le pelli ricoperte in oro, argento, bronzo, rame e ferro sono, in parte, la traduzione materiale dei testi descrittivi de “Le Opere e i giorni” del poeta greco Esiodo. Così dopo il trauma subito in tutto il mondo a causa dell’emergenza pandemica, l’opera di Federico Gori invita a riflettere sulla necessità di credere alla possibilità di stabilire un’armonia generale, una rinascita, finché, come auspicato da Virgilio, “tornerà l’età dell’oro”.
La nostra collaborazione per questa mostra non si è limitata all’allestimento, ma abbiamo preso parte anche alla stesura dei documenti relativi al Bando PAC.

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Attività didattiche per Fondazione Ferrero

In occasione della mostra ‘La poesia della materia’, a cura di Bruno Corà, che da sabato 9 ottobre 2021 espone 45 opere di Alberto Burri, ci siamo occupati della progettazione delle attività didattiche e del libretto famiglia.
Dai primi ‘Catrami’ degli anni Quaranta sino alle ultime opere, prima della morte di Burri avvenuta nel 1995, passando per i cicli delle ‘muffe’, dei ‘sacchi’, ‘delle combustioni’, dei ‘legni’, dei ‘ferri’, delle ‘plastiche’, dei ‘cretti” e dei ‘cellotex.
“Non si tratta solo di un ennesimo generico invito a considerare l’importanza decisiva della materia nella poetica di Burri, ma dell’idea di portare i visitatori a ripercorrere il rapporto tra tra l’opera di Alberto Burri e la parola in versi, la grande poesia del ‘900 e non solo”, spiega il curatore Corà, che cita Giuseppe Ungaretti: “Amo Burri perché non è solo il pittore maggiore d’oggi ma è anche la principale causa d’invidia per me: è d’oggi il primo poeta”.
La mostra ha al centro la materia, intesa come fonte di sperimentazioni in totale libertà di approccio al fare pittorico, generatrice di processi creativi in continua evoluzione. L’opera dell’artista è osservata come un laboratorio di sperimentazione che ha anticipato molte delle questioni che hanno interessato le correnti artistiche degli anni Sessanta del Novecento, come il Nouveau Réalisme, l’Arte povera, l’Arte neuminimale o il Fluxus.
Correda la mostra, nel centro di Alba, ‘Il Cretto di Gibellina’, la grande opera di land art, pensata nel 1985 per ricordare il terremoto del Belice.

https://www.fondazioneferrero.it/burri-a-casa-tua

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Giacomelli/Burri. Fotografia e immaginario materico

La mostra accosta due grandi artisti del ‘900 italiano, attivi nelle arti visive, ma in settori diversi.

Non solo un affiancamento di singole opere del fotografo senigalliese a quelle del pittore umbro, ma un vero e proprio confronto e studio che parte dallo stesso rapporto tra i due artisti. Le vite di Mario Giacomelli e Alberto Burri si sono intrecciate negli anni più volte, a partire da un incontro del 1966, grazie al pittore e intellettuale Nemo Sarteanesi: da una reciproca stima e ammirazione, il loro rapporto è confluito in una ricerca comune, in un dialogo tra le loro opere di pittura e fotografia fino a sfociare in una solida amicizia. La mostra – un’esposizione itinerante che toccherà in autunno anche il museo MAXXI di Roma, a Senigallia è curata da Marco Pierini, ideata da Magonza e prodotta con il Comune di Senigallia, la Fondazione MAXXI, la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, l’Archivio Giacomelli e l’Archivio Sarteanesi. Il percorso espositivo propone un importante nucleo di fotografie che Mario Giacomelli dedicò ad Alberto Burri e Nemo Sarteanesi, appartenenti ai fondi della Fondazione Burri e agli archivi Giacomelli e Sarteanesi, accostate ad alcune opere grafiche e uniche di Alberto Burri.

Atlante Servizi Culturali si è occupata dei trasporti e dell’allestimento della mostra in entrambe le sedi.